Messaggi automatici: come danneggiano una relazione

A volte i marketers sembrano avere una risposta a tutto. Quando un cliente dice qualcosa, lo specialista può attaccare una pappardella rispondendo con dozzine di frasi fatte. Se il cliente replica opponendosi, il rappresentante può rispondere velocemente ribattendo, come se fosse una macchina programmata. Se un cliente fa una domanda, il rappresentante può velocemente rispondere con un’altra risposta premeditata. E, spesso, si va avanti all’infinito.
Perché, in genere, è tutto preparato nel mondo del marketing. Ma bisogna chiedersi: è davvero una buona strategia?

Basti pensare al chiamare una compagnia che risponde con dei menu automatizzati. Mai capitato di urlare contro i messaggi preimpostati cercando di saltare il menu per mettersi in contatto con qualcuno di umano? È un’esperienza comune a tutti.
Come mai, allora, le aziende continuano ad utilizzare questi sistemi tanto odiati e assistenti che ripetono frasi fatte?

Sebbene i rappresentanti delle vendite non siano così automatizzati, a volte utilizzano frasi che possono sembrare un po’ finte. E spesso tendono a preferirle per la poca pazienza e per velocizzare le conversazione. Ma non sempre è una buona idea, perché di fatto ogni messaggio merita la giusta attenzione, così come ogni cliente merita di avere a che fare con una persona con cui possa colloquiare, e  non una risposta automatica.

Di seguito verranno evidenziate due (tra le moltissime) tipici messaggi automatici da evitare e verrà spiegato come rivederle possano  cambiare del tutto l’approccio con un’azienda o un cliente.

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“Contatto sempre compagnie proprio come la tua.”

Questo è uno degli approcci più finti che ci possa essere, perché due aziende non saranno mai esattamente uguali, anche se hanno gli stessi obiettivi. Ogni compagnia ha dei piani, punto fermi e obiettivi. Quando un rappresentante dice di aver parlato con 10 compagnie identiche a quella in questione, il destinatario può facilmente capire che la stessa frase è stata utilizzata altre dieci volte. E non è una nota positiva, perché non ha nulla di personale né fa sentire il destinatario davvero importante.
I rappresentanti , invece, dovrebbero focalizzarsi su ciò che di specifico ha un’azienda. Piuttosto che generalizzare in questo modo il lavoro di un’azienda, dovrebbero menzionare ciò che li ha colpiti davvero, qualche caratteristica che solo quell’azienda ha – quantomeno per il rispetto dell’azienda stessa e dei suoi dipendenti, che ogni giorno cercano di distinguersi; in alternativa, si può dire di aver lavorato con qualche azienda dello stesso settore.

 “Ho dato un’occhiata al vostro sito e sono rimasto colpito.”

Okay, ma da cosa, precisamente?
Questa è una delle frasi che meno avrà credibilità. Perché? Perché può venire utilizzata per ogni azienda, in ogni tipo di mercato, in qualunque occasione. Cosa di preciso ha colpito il mittente di un’azienda? Questa frase dimostra che l’incaricato non ha affatto effettuato una ricerca approfondita riguardo l’azienda, ma si sarà solo limitato ad accedere al sito web e a cercare i contatti per poter mandare questo messaggio.
In ogni caso, questa frase può essere trasformata in un ottimo approccio aggiungendo “..sono colpito per questo motivo, per questo e per quest’altro”. Includendo i motivi specifici, il mittente potrà dimostrare di aver effettivamente ricercato informazioni sull’azienda, garantendosi così maggior stima da parte del destinatario.

Bisogna ricordarsi che al centro del marketing ci sono le persone, quelle vere. Quando qualcuno acquista un prodotto, si fa affidamento su un umano che possa procurare statistiche e aiutare a raggiungere degli obiettivi. A volte, può accadere che questo qualcuno utilizzi un format preparato per interagire. Anziché utilizzare queste frasi fatte che non gioveranno né all’azienda, né ai traguardi personali, occorre personalizzare un messaggio.

Perché in fondo, non si automatizza una relazione.

Come coinvolgere di nuovo gli utenti ormai disinteressati

Quando gli esperti di marketing parlano di “strategie di riavvicinamento”, solitamente si riferiscono a quelle campagne create per riavvicinare i clienti ormai perduti. Queste campagne, in ogni caso, riescono a coinvolgere di nuovo un numero minimo di utenti proprio perché create dopo aver perso la battaglia.

La maggior parte delle volte che si presentano queste situazioni, gli esperti di marketing si disperano e gli sforzi vengono accompagnati generalmente da grandi sconti o altri incentivi che non puntano molto al profitto, quanto al mantenimento dei clienti. Ma alla fine, è una pessima tattica: infatti, bisognerebbe coinvolgere i clienti prima di averli persi del tutto. Come fare a mantenersi i clienti ed evitare di doverli riconquistare soltanto dopo un loro allontanamento? Semplicemente prestando attenzione alla relazione con questo determinate consumatore.

Potrebbe sembrare ovvio e un po’ demoralizzante, ma quello che importa è davvero prestare attenzione ai dati riguardanti la relazione tra i clienti e l’azienda. Ecco tre consigli che aiuteranno a rimanere focalizzati sulle giuste aree.

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Dedicarsi al ciclo di vita degli utenti

Se si presta attenzione, si vedrà che i clienti lasciano chiari segnali sulle proprie intenzioni: sta all’azienda decidere di notarlo e trovare una soluzione, in caso le intenzioni di un cliente siano negative. Un modo per farlo è considerare il ciclo di vita dei clienti.
Prima di tutto occorre identificare i livelli del ciclo di vita dei processi aziendali: sospetto, prospetto, conduzione, conquista clienti e infine la loro perdita.
Successivamente è necessario definire quando un cliente è appena coinvolto e quando lo è molto. Un consumatore appena coinvolto può essere definito tale dopo appena un acquisto, mentre un consumatore definitivamente coinvolto può essere colui che ha effettuato almeno tre acquisti o visitato l’applicazione (o il sito) almeno 10 volte in più di 30 giorni.

La cosa più importante da capire è che, se ciò che si sta facendo lo si sta facendo in maniera corretta, il cliente in questione potrebbe restare in uno stadio per un tempo indefinito.

Fare affidamento sui propri dati

Ora che si sono identificati gli stati di un consumatore, è importante assicurarsi che questi “stati” vadano oltre i sistemi di registrazioni aziendali. Bisogna quindi considerare i comportamenti che possono essere misurati e  valutati. Per determinarli, il primo passo è pensare bene alla differenza tra un cliente definitivamente conquistato e un cliente a rischio, perché è proprio grazie a questo ragionamento che si creeranno i dati necessari.

Per capire meglio la situazione occorre osservare i comportamenti e i profili dei clienti che si sono allontanati e come sono materialmente diversi dai clienti che invece sono ancora coinvolti. La risposta a questa domanda darà l’aspetto più importante da considerare quando si riflette sul ciclo di vita di un cliente.

Anche osservare il comportamento dei clienti più soddisfatti darà i suoi frutti: infatti, grazie ai comportamenti che verranno più apprezzati, si potrà anche capire con quale approccio si potrà reintegrare un cliente ormai disinteressato.

Osservare il quadro generale

A volte le migliori intenzioni possono portare l’effetto contrario a quello desiderato, quindi è meglio evitare di far affidamento alle metriche per aver successo e focalizzarsi sul quadro generale.

Per esempio: una campagna di e-mail che conduce alla vendita di articoli scontati può essere un boomerang. Magari dà un incremento momentaneo alle vendite e può dare illusioni momentanee mentre, a lungo andare, possono incrementare le disiscrizioni alle mail. E questo accade perché ci si è concentrati a dare un impulso momentaneo alla situazione e non si ha preso in considerazione il quadro generale, sacrificando il futuro.

Invece bisognerebbe prendere in considerazione tutto il “processo di vita” del cliente e cercare di reintegrarlo al di là dell’impatto immediato che una campagna può avere. E questo può accedere soltanto se si tengono sotto controllo i clienti che non sono ancora arrivati al punto di disinteressarsi, cercando di esser valutati tramite test, recensioni etc., per poi capire cosa migliorare nel rapporto azienda-cliente.

Conclusioni

I clienti sono fondamentali per un’azienda ed è giusto riservare a loro il giusto interesse verso ciò che cercano e facendoli sentire a loro agio. Occorre accorgersi prima che un cliente si disinteressi ad un prodotto o a un servizio, capendo dagli accessi sul sito o sull’applicazione, dagli unsubscribe alle mail e da diversi fattori che possono dar l’idea di un allontanamento. Soltanto così si avrà il giusto tempo per coinvolgerli di nuovo, facendo diventare duraturo il rapporto tra cliente e azienda.
Affidarsi alle campagne da ultimo minuto non dà una buona impressione all’azienda, anche perché un cliente capisce bene quando una campagna è mirata soltanto a trarre i profitti minimi e un’azienda non è davvero interessata ai propri clienti.
I clienti hanno bisogno di attenzioni e di essere al centro dell’azienda: cercare di mantenerli non è un’impresa semplice, ma senz’altro ne vale la pena.

Obiettivi del 2016: perché le compagnie dovrebbero promuovere la sicurezza dei dati

Nel 2016, la sicurezza di internet sarà più importante che mai. Negli scorsi anni, centinaia di milioni di documenti privati sono stati persi, e aziende di tutto il mondo hanno subito danni per milioni di dollari. Sia i danni subiti dai dispositivi mobili, dai social network o da processi di vario genere, sono costati parecchio. Gli utenti sono esausti quando si avvicinano ad una compagnia e forniscono dati, proprio a causa delle recenti notizie riguardanti le violazioni della sicurezza.
Per guadagnare la fiducia dei clienti, ora è necessario promuovere la sicurezza proprio per loro. La protezione dalla perdita di dati e altre forme simili di prevenzione non sono più viste come garanzia; per posizionarsi in una posizione di fiducia e affidabilità con i propri clienti, un’azienda deve stabilire (e promuovere) determinate regole di sicurezza.

Ecco alcune cose da tenere a mente quando si valuta la sicurezza di una compagnia per il prossimo anno.

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  1. Nessun dispositivo è completamente protetto

Sebbene molti si sentono sicuri sui proprio MacBook e su altri dispositivi, credendosi al sicuro, la realtà dimostra il contrario. All’inizio di quest’anno, milioni di informazioni di utenti che usufruiscono del Mac sono state rivelate. Sebbene il celeberrimo MacKeeper sia conosciuto come un perfetto protettore per gli utenti di Apple, non è sempre così.

Un  “hacker dal cappello bianco” ad inizio hanno ha svelato più di 10 milioni di documenti privati in un database, accessibili semplicemente  visitando un gruppo di indirizzi IP. In questa operazione di hacking, non è stata richiesta alcuna password o username. Un ricercatore ha ammesso di esser stato in grado di aver avuto accesso a una serie di dati personali, incluse password, username, numeri di telefono, indirizzi e-mail e nomi, ma anche l’indirizzo IP, informazioni di sistema e licenze di software.

Sebbene questa violazione abbia dato voce a un ovvio problema riguardante l’integrità delle impostazioni di sicurezza, la cruda realtà è che questi eventi avverranno sempre più spesso. Mentre i fornitori di Apple e di altri software cerchino di correre ai ripari, è bene considerare anche la quantità di malfunzionamenti che creeranno disagi tra gli utenti.

  1. I danni causati dagli hacker necessiteranno di riparazioni molto dispendiose

Ovviamente gli hacker non selezionano basandosi sulla dimensione di una compagnia, sul tipo di industria o su altri valori discutibili. Gli episodi di hacking di quest’anno hanno colpito compagnie molto diverse come Target, Home Depot e EBay, causando danni per milioni di dollari e facendo regredire i processi in modo significativo. I numeri sono pazzeschi: solo quest’anno, più di un miliardo di documenti personali (inclusi documenti finanziari, sanitari, e riguardanti le residenze) sono stati hackerati e scoperti illegalmente. L’impatto di questi episodi, per le aziende, sono devastanti: gli effetti immediati sono la perdita di dati, di clienti e imposte salatissime, mentre quelli a lungo termine prevede (oltre alla continua perdita di clienti) anche la perdita di reputazione.

  1. Conclusione

La sicurezza dovrebbe essere davvero tra le priorità di un’azienda: innanzitutto per i danni precedentemente descritti. Non tutte le aziende possono permettersi di affrontare le spese derivanti da un attacco di hacking, specialmente se appena affacciate sul mercato o non ancora perfettamente stabili. Si provi a pensare alle conseguenze tragiche che dovrà subire questa ipotetica azienda hackerata: oltre alle spese aziendali  derivanti dall’attacco, occorre considerare che, senza le giuste tutele, e soprattutto dopo aver appreso le conseguenze delle violazioni, i clienti difficilmente rimarranno fedeli ad un brand che non li protegge. In secondo luogo, promuovere la sicurezza dei dati dei clienti non potrà far altro che migliorare la reputazione dell’azienda stessa. Quando un cliente è a conoscenza del fatto che i suoi dati (di diverse tipologie ma allo stesso modo importanti) sono al sicuro, è anche più portato a recensire positivamente e raccomandare un brand ai suoi conoscenti, senza contare che s’instaurerà un rapporto di fiducia tra il cliente e l’azienda molto solido – e si sa bene quanto sia importante la fiducia di un cliente per una qualsiasi azienda.

Dunque, promuovere la sicurezza della propria azienda non potrà far altro che apportare benefici a entrambe le parti. Sarà il 2016 l’anno della svolta nel campo della sicurezza dei dati?

5 strategie di Social Media Marketing per il 2016

Nell’ultimo periodo si è tanto parlato di quali siano le strategie di social media marketing obsolete da non adottare più nel 2016, ma quali sono quelle che invece dovrebbero essere potenziate? Ecco dunque cinque tattiche che i professionisti di marketing dovrebbero seriamente prendere in considerazione per l’anno nuovo, così da migliorare l’impatto con il proprio pubblico potenziando anche le connessioni.

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1 – Coinvolgere blogger e personaggi influenti

Probabilmente si avrà udito, da qualche parte, di brand che collaborano con blogger e personaggi influenti nel mondo dei social media, piuttosto che con celebrità. E c’è una buona ragione se lo fanno: semplicemente funziona.  Alcune fonti riportano che i professionisti del settore hanno avuto un incremento del guadagno di $6,85  per ogni dollaro di media a pagamento speso nel marketing nel 2014. Secondo tutte le stime, questo continuerà  e crescerà via via col tempo. Viene anche riportato che il 92% dei consumatori si fida dei media raccomandati da amici o famiglia, che hanno provato grazie a delle pubblicità. Con il blocco degli annunci pubblicitari, nel 2016 guadagnarsi i clienti senza di essi diventerà estremamente importante.

2 – Considerare il live streaming

Se si è una compagnia B2C, B2B o un’azienda no-profit, il live streaming sarà qualcosa che varrà la pena di provare nell’anno nuovo. Ad esempio, le aziende B2C potranno mostrare il “dietro le quinte” o “ciò che si nasconde dietro il brand” per cercare di umanizzare l’azienda e rinforzare le connessioni con i clienti e la fedeltà. Le compagnie B2B potrebbero trasmettere informazioni esplicative ai propri clienti spiegando come le proprie offerte possono avvalorare la vita di ogni consumatore, piuttosto che dare consigli al cliente su come lavorare in modo migliore, su come ottenere migliori risultati.
Il live streaming potrebbe permettere invece, alle aziende no-profit, di mostrare in tempo reale il proprio duro lavoro, magari sensibilizzando il pubblico rendendolo partecipe della dedizione posta all’interno del team. E questo è solo l’inizio dei molti utilizzi del live streaming.  Non è più solo una faccenda di Meerkat e Periscope, o di Google Hangouts: di recente anche Facebook ha iniziato a utilizzare questo eccellente strumento.

3 – Social Media Advertising

Intanto, c’è da mettere in chiaro che i risultati organici dei social media (come postare sui propri canali social o coinvolgere qualcuno nelle conversazioni online) sono molto diversi dai risultati a pagamento sui social, come  le campagne Facebook e Twitter. Sono pratiche separate entrambe basate sui canali social, ma possono coesistere e beneficiare l’una dell’altra in molti modi. Stando a Forrester Consulting, mostrare inserzioni sui social network è il modo migliore per far conoscere un brand, un prodotto o un servizio, data la popolarità delle piattaforma. Secondo uno studio, è anche emerso che il 20-25% delle persone visitano un sito web o un negozio dopo aver visto un inserzione su Facebook, Instagram, Twitter o Pinterest, e il 14-17% acquista il prodotto o sottoscrive il servizio. Se quindi non si ha ancora preso in considerazione questo canale, lo si potrebbe considerare un auto-regalo per il 2016. Che, peraltro, darà i suoi benefici.

4 – Fare offerte o promozioni

Un modo per attrarre clienti o consolidare il rapporto con quelli già esistenti è sicuramente farli sentire speciali. A volte i consumatori hanno bisogno di una spinta per acquistare un prodotto a cui sono effettivamente interessanti, così necessitano di un incentivo: delle ottime idee  sono le lotterie, gli sconti o le carte-regalo, o ben più semplicemente offerte, coupon e promozioni varie. Questi sono eventi che dovrebbero essere inseriti nel calendario aziendale di tanto in tanto, per far felici sia i clienti che l’azienda stessa che otterrà più vendite e riscontri.

5 – Dare inizio a campagne di sostegno per i propri dipendenti

La maggior parte delle aziende spende somme ingenti di tempo per provare a far discutere il pubblico a proposito del brand. E se invece si desse l’opportunità di farlo al proprio team, ad esempio ai propri dipendenti? Generalmente ha un costo minore di ogni campagna di sostengo, e chi meglio del team che ci lavora può promuovere un brand? Come detto precedentemente, è facile che più persone si fideranno più di questo passaparola (soprattutto perché proveniente dai dipendenti dell’azienda), piuttosto che da quello proveniente dal brand. Inoltre, investire sul proprio team, valido e competente, non è mai una scelta sbagliata: darà inoltre un’immagine positiva del brand al pubblico.

Queste cinque tecniche sono quelle che probabilmente più daranno risultati nel 2016, che si prospetta un anno all’insegna di grandi novità nel mondo della SEO e del web marketing in generale.

Visual content: 5 semplici metodi per introdurlo nelle campagne di marketing

L’importanza del visual content è ormai rinomato: non integrarlo alla propria campagna di marketing significa perdere un’enorme possibilità di attrarre nuovi clienti.
Il visual content (inteso come immagini, video, slide, etc.) è essenziale e non dovrebbe essere considerato come un’optional nella propria strategia. Infatti, il 71% degli specialisti di marketing utilizzano il visual content nei loro piani; ciò significa che, probabilmente, anche i concorrenti che tanto si temono lo staranno integrando. E i likes, i retweet e le condivisioni che si ambiscono vengono aggiudicati ai propri concorrenti.

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Sapere da dove incominciare potrebbe apparire un’incognita, per chi non ha mai creato o condiviso qualche immagine o video. In questo articolo verranno dunque evidenziate cinque semplici strategie per iniziare a introdurre il visual content all’interno della propria campagna di marketing.

  1. Creare infografiche relative al proprio settore
    Sebbene le infografiche non siano così popolari come lo erano qualche tempo fa, sicuramente sono ancora valide come strumento per accumulare link inbound e condivisioni sui social. Fondamentali sono l’attinenza e l’importanza che può avere l’infografica, ma soprattutto l’autenticità dei dati di cui si discute.
    Sicuramente è preferibile utilizzare dati propri; fare i sondaggi tra i propri clienti o followers è una grande idea per catturare dati importanti, ed essere l’unica fonte con quei determinati dati porterà senz’altro più traffico, link e condivisioni.
  1. Creare semplici video esplicativi
    Se l’idea di creare video propri spaventa, basta pensare di non essere gli unici ad essere intimoriti. La buona notizia, comunque, è che non è essenziale essere un professionista per creare video utili e rilevanti per il proprio pubblico. Per prendere spunti si possono controllare i commenti sul blog, le menzioni sui social media e le e-mail con le domande più frequenti da parte degli utenti, che aiuteranno a creare video in cui l’oggetto potrà essere la dimostrazione di un prodotto o semplicemente un tutorial.
  1. Ottimizzare le immagini del blog per le condivisioni sui social
    Questa è una strategia piuttosto semplice ma efficace, che assicura il miglioramento della potenza che ha il visual content sul proprio blog. La maggior parte dei capi delle aziende sono consapevoli che è necessario ottimizzare l’immagine dei propri prodotti, utilizzando diverse immagini in alta qualità, fotografati da diversi angoli, etc. Ma a proposito delle immagini del blog?
    Secondo alcuni studi, i post nei blog che contengono immagini ricevono il 94% di visite in più rispetto ai post che non ne hanno. Questo suggerisce che utilizzare un’immagine, specialmente che attiri l’occhio dell’utente e che sia pertinente, è un’ottima strategia.
    Per ottimizzare le immagini su Twitter, occorre assicurarsi di avere Twitter Cards impostato sul proprio  blog così che tutte le condivisioni includano anche le immagini. Le immagini dovranno essere pertinenti al topic di cui si parla e bisognerà evitare di utilizzare immagini blande e di bassa qualità. Un’idea fantastica è quella di autoprodursi le fotografie da utilizzare, quando possibile, o personalizzarne alcune con strumenti comuni come Canva.
  1. Per incominciare, utilizzare strumenti gratuiti o economici
    Uno degli scrupoli più grandi per un imprenditore è il costo di inserire il visual content all’interno della propria strategia di marketing, poiché si pensa di dover assumere qualche graphic designer per creare le immagini, e questo ostacola sin dall’inizio la decisione di iniziare.
    Ci sono molti strumenti gratuiti o economici che possono aiutare a creare visual content, immagini di qualità professionale per il proprio sito o social networks, tra cui Canva, Piktochchart, PicMonkey e GoAnimate. Successivamente, se si vorrà assumere un professionista sarà una buona scelta, ma per iniziare e per non rischiare di investire molto denaro questi strumenti sono davvero ottimi.
  1. Utilizzare sempre le immagini nei post sui social network
    Questa è forse la maniera più semplice ed efficace di incorporare i media nella propria strategia di marketing, ma è anche una che molte aziende trascurano. Ecco i benefici che si otterranno semplicemente incorporando un’immagine rilevante al proprio post:
  • Su Twitter, i post con le foto ottengono il 35% di retweet in più rispetto ai post senza, mentre incorporando un video si ottiene un impulso del 28%.
  • Su Facebook, le fotografie ricevono la maggior attenzione dagli utenti, seguite dai video
  • Per quanto riguarda Google, i post che contengono video ricevono un incremento delle visualizzazioni del 28,6%, mentre i post con immagini incorporate ricevono un incremento del 94%.

Conclusione

Incorporare visual content all’interno della propria strategia di marketing non deve necessariamente essere dispendioso né deve obbligatoriamente richiedere molto tempo. Infatti, tutto il tempo e il denaro che si destina all’attrazione del pubblico potrebbe ridursi semplicemente attuando queste tecniche. Il visual content può infatti incrementare il traffico, le vendite e l’attrazione dei clienti, costando molto meno rispetto alla promozione di contenuti di testo.

Ottimizzare gli argomenti o ottimizzare le parole chiave?

Ogni impresa dovrebbe avere un grande obiettivo, tra i tanti: avere autorità nel proprio campo.
Si potrebbe pensare che l’obiettivo numero uno sia guadagnare nuovi clienti o far più vendite: ovviamente, questo è ciò a cui aspira ogni azienda. Ma le aziende che inseguono le vendite sono spesso superate da quelle che cercano attivamente di essere dominanti nel proprio campo. E questo è perché le vendite e i clienti sono un po’ come l’amore: quando si cercano, non si trovano!

Molte aziende riescono ad aver successo per un po’ di tempo essendo competitivi sui prezzi, ma prima o poi le persone realizzano che avranno ciò per cui pagano. Una volta che questo accade, i clienti si separano e l’azienda inizia il suo declino.
Il costo di mantenersi un cliente è molto minore rispetto al trovarne di nuovi. Ciò significa che ottenere nuovi clienti attraendoli soltanto con prezzi molto competitivi ucciderà i profitti, se non si riuscirà a mantenerli. E si sarà in grado di farlo dimostrando, di giorno in giorno, di essere davvero dei padroni del settore.

E tutto comincia con i contenuti. Quando si parla di aziende, i ricercatori web generalmente cercano due cose: le recensioni dei clienti e il contenuto promosso dall’azienda che dimostra che l’impresa stessa è davvero professionale e competente (dimostrando quanto bene si conosce il proprio campo).

Per quello che si sa, gli algoritmi odierni dei motori di ricerca sono molto focalizzati sui contenuti e si ha sempre cercato di ottimizzare i contenuti con le parole chiave. Ora, però, le parole chiave sembrano valer molto meno rispetto alla competenza vera su una tematica.
Ma come costruire questa fantomatica “competenza” all’interno del proprio sito?
Rispondere “con i contenuti” è una mezza verità. Certamente i contenuti sono essenziali, ma non tutte le tipologie. I tempi in cui i siti fornivano contenuti “sottili” e di poco valore ma “carichi” sono finiti, così come i giorni in cui si ottimizzava ogni pagina con delle parole chiave sperando che indicizzassero bene.
Ora i motori di ricerca cercano contenuto di una certa rilevanza e soprattutto competenza, che sia più mirato all’ottimizzazione del topic stesso rispetto all’ottimizzazione delle parole chiave.

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La ricerca delle parole chiave è ancora in voga

Con questa premessa, non si sta dicendo però che la ricerca delle parole chiave sia “morta”, come si potrebbe pensare e come molti teorizzano. Infatti la ricerca delle parole chiave è ora più importante che mai, se si parla di contenuto ottimizzato per competenza.

Ma ciò su cui occorre focalizzare gli sforzi non è sul trovare parole chiave solo perché possano essere gettate nel contenuto del sito. In realtà bisognerebbe focalizzarsi sull’organizzare le parole chiave all’interno di gruppi di argomenti rilevanti e considerarle nell’intento di chi ricerca. Da questo si può partire per creare contenuto importante e di qualità.

L’intento dell’utente determina la focalizzazione del contenuto

Una delle cose che si possono capire ordinando tutte le parole chiave è che ogni parola chiave ha un diverso intento. Alcuni utenti cercano informazioni, alcuni invece cercano prodotti specifici e alcuni cercano solo per curiosità e per confrontare. E, sorprendentemente, alcune parole chiave sono per prodotti completamente differenti.

Facendo un esempio, la frase “smalti per unghie” sicuramente verrà digitata da chi è interessato effettivamente agli smalti per unghie, e fin qui non c’è nulla di strano. Però alcune persone digiteranno quella stessa frase per vedere nuovi design, glitter, per leggere consigli, perché interessati a dei kit etc. La prima cosa è non creare una pagina focalizzata su ognuna di queste parole chiave perché è troppo generico. Ciò che bisogna fare è trattare contenuto accreditato per attirare sia chi è interessato effettivamente agli smalti per unghie, sia a chi è interessato a nuovi design e così via.

Ottimizzare gli argomenti VS ottimizzare le parole chiave

Finora si è parlato delle strategie per ottimizzare le parole chiave e probabilmente nel passato si ha ottimizzato soltanto una parola per pagina, oppure si stava già pensando di raggruppare le parole chiave. Quando subentra l’ottimizzazione dei contenuti?
Il discorso subentra quando si parla di ottimizzare ogni pagina ponendo i gruppi di parole chiave nei contenuti. Per ogni argomento vanno ottimizzate tutte le pagine, così che si dia l’impressione di essere una fonte accreditata per quel topic.

Sì, sicuramente non è un lavoro che richiede poco tempo, ma è meglio avere un argomento ben ottimizzato piuttosto che trattare di molte tematiche non avendo nessuna autorità. Ottimizzando l’intero argomento si dà ai motori di ricerca ciò che desiderano: non solo si indicizza per centinaia di parole chiave, ma si domina per quell’argomento. Una volta ottimizzato un argomento, si è pronti per passare al successivo.

Ciò che si intende per ottimizzazione degli argomenti non è avere una singola pagina o post che elenchi tutto ciò che c’è da sapere su un argomento; piuttosto, che si abbia un numero di post che trattino degli argomenti in modo approfondito e che aiuti gli utenti a finire sulla pagina che meglio rappresentano ciò che vogliono cercare.

Anziché ottimizzare il sito basandosi sulle parole chiave e sperare di indicizzare qui e lì, creare un’autorità del sito avrà sicuramente dei risultati più duraturi. Ogni pagina o post targettizzerà un numero correlato di parole chiave, inserite in un argomento leggermente più generale. Questo infatti darà la possibilità di dominare su un argomento grazie alle molte pagine collegate, tutte focalizzate su un intento specifico del visitatore.

Costruire la propria credibilità online come leader nel content marketing

Non è semplice costruire la propria credibilità online, anche se sembra un processo piuttosto immediato e scontato: in realtà è come sovrapporre i mattoncini per costruire un grande edificio. Sicuramente non è un processo veloce e richiederà molti sforzi, ma il risultato sarà grande.
Internet è un posto magico, in cui chiunque ha la fortuna e l’occasione di poter diventare ciò che sogna. Per quanto riguarda il content marketing, il settore è pieno di articoli che trattano di come sia semplice diventare leader all’interno della propria azienda e sono altrettanti i post, i podcast e i webinar che vengono garantiti come la chiave perfetta per diventare dei professionisti del settore, guadagnandosi la fiducia immediata dei consumatori.

La realtà, però, è piuttosto differente. Essendo il content marketing un settore che ha avuto un boom di recente, sono innumerevoli i copywriter che cercano di scrivere cosa è giusto e cosa è sbagliato per ottenere credibilità come professionisti del settore. Ma quanti sono davvero utili? Quanti verranno effettivamente letti (o ascoltati – nel caso dei podcast, o frequentati – nel caso dei webinar)?
Qual è la disconnessione?
La risposta a questa domanda è semplice e complessa allo stesso tempo: evidentemente, si sta sbagliando qualcosa nella psicologia che conduce alla leadership vera e propria.

Ecco cinque caratteristiche che ogni leader dovrebbe avere a prescindere di tutte le peculiarità definite negli innumerevoli post del web.
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  1. La sicurezza di se stessi

Prima di tutto, è importante capire come il proprio pubblico giunge al punto in cui vi trovano abbastanza credibili per pensare a voi come leader. Sicuramente, gli articoli pubblicati regolarmente in piattaforme credibili o le posizioni in alcune aziende piuttosto rinomate sono grandi strumenti, ma non tutte le aziende (o marketer) possono vantarsene.

Appena si presenta l’occasione, non bisogna tirarsi indietro. Uno studio del 2012 ha scoperto che il solo essere sicuri di sé stessi aumenta la credibilità tra il proprio pubblico. In altre parole, credere fermamente di essere un esperto in materia (e farlo trasparire dai contenuti pubblicati) può fare una grande differenza nel diventare un leader digitale.

  1. Saper coinvolgere il pubblico

Secondo l’Effetto Franklin, i lettori avranno un’idea più credibile dell’autore se questo pone domande direttamente a loro o a se stesso. Questo perché porre domande ci farà apprezzare di più, infatti fare domande aumenta la percezione della credibilità in modo diretto. Sollecitare la curiosità del lettore è la chiave fondamentale per farsi leggere, e quindi aver successo nel mondo del copywriting. Coinvolgere il pubblico aiuta quindi a costruire la credibilità necessaria per diventare un leader a tutti gli effetti.

  1. Avere una buona reputazione online

Un’altra verità insindacabile è che una persona avrà una buona impressione di qualcosa o qualcuno se non sarà l’unica ad averla. Per questo motivo, avere una buona reputazione online è molto importante per fondare il comune pensiero che la propria azienda è credibile, così come il titolare o il responsabile di questa. Infatti, il 79% dei consumatori si affidano alle recensioni per avere un’impressione definitiva su un servizio o un prodotto, prendendo queste revisioni quasi come raccomandazioni personali. Le persone si appoggiano al pensiero della collettività per basare un’opinione, per rinforzare il proprio pensiero e distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Ovviamente, avere una buona reputazione online nella leadership è più difficile da ottenere rispetto ad altri risultati nel marketing; non basta includere un testimonial che narri del proprio blog, esattamente sul proprio blog.  Ma c’è un modo di ottenere più o meno lo stesso risultato: scrivere ed esortare esperti del proprio settore a partecipare sul proprio blog. Circondarsi di esperti del proprio settore significa che la competenza viene trasmessa, poiché il pubblico avrà l’impressione che si sia allo stesso livello di quegli esperti.

  1. Essere sempre onesti

Certamente bisognerà essere sempre onesti (ed esser percepiti come tali) in tutto ciò che si fa nel mondo digitale.  Spesso capita che il pubblico viva un’esperienza di dissonanza cognitiva, che accade quando qualcosa che incontrano contraddice le conoscenze o le esperienze precedenti. Quando questo accade, il pubblico tende a fidarsi meno, confidando più nella loro esperienza diretta piuttosto alle idee contraddittorie proposte, facendo diminuire la propria credibilità.

  1. Non temere il dibattito

Come si potrà immaginare, essere onesti non sempre significa aggregarsi al giudizio comune. Finché le proprie idee verranno supportate con evidenze ed esempi, non è necessario aver paura di sfidare le regole e stabilire modi alternativi di pensare.

La trappola più pericolosa in cui i content marketers possono cadere è entrare nella banalità e nella noia. Se non si ha nulla di nuovo da dire, le probabilità che il pubblico non vi crederà leader così proiettati nel futuro sarà grande. Essendo un po’ controverso, d’altro canto, può far pensare ai propri seguaci che si è coraggiosi e non si teme di sperimentare nuove scuole di pensiero, mettendosi in prima fila tra i migliori content marketers del settore.

Creare la credibilità per un leader è un processo complesso, ed è ancora più complesso che scrivere un paio di post su un argomento riguardante il proprio settore. Capire la psicologia dietro l’importanza e la pratica di diventare un leader aiuta a creare una strategia che abbia successo per molto tempo.

Google lancia gli Smart Goals

Chi non utilizza ancora gli strumenti di AdWords per tracciare le conversioni o per importare gli obiettivi da Google Analytics nell’account di AdWords, ha l’occasione di provare il nuovo Smart Goals (tradotto Obiettivi Intelligenti in italiano).

Questi obiettivi sono offerti da Google Analytics e  vengono creati per aiutare le aziende che non hanno ancora un mezzo per misuraree monitorare le conversioni e  per ottimizzare le proprie campagne: gli specialisti in questa situazione sono molti.

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La peculiarità principale degli Smart Goals è che non misura le azioni prese in un sito web di un pubblicitario, come già fanno gli strumenti di tracciamento e gli obiettivi di Google Analytics. Gli Smart Goals utilizzano i dati delle conversioni anonime utilizzando Google Analytics per identificare le visite migliori, per convertirli sul modello di Google.

Sempre secondo l’algoritmo di machine learning, si possono ora creare obiettivi intelligenti. Dalle informazioni ottenute vengono identificati quei fattori che permettono di ottenere più successo nelle conversioni, come ad esempio la durata delle sessioni, le pagine visitate durante le visite, la localizzazione, il dispositivo e il browser utilizzato. In breve, le visite migliori vengono identificate come “smart goal”; Analytics identifica le visite migliori nel traffico di un sito e successivamente classifica le migliori.

Per impostare gli Smart Goals è necessario avere un account di AdWords e uno di Analytics. Una volta loggati in Google Analytics, occorre selezionare la voce “Smart Goals” o “Obiettivi Intelligenti” sotto la voce “Obiettivi” nel pannello dell’utente.

Un’impostazione interessante è che Smart Goals non si attiva automaticamente. L’unica azione necessaria per attivarli è selezionare “obiettivi intelligenti” come tipologia di obiettivo. Il report relativo sarà già in funzione sebbene il goal non sia stato ancora creato, modo per comprendere come funzionerebbe questo sistema prima di attivare i goal; senza attivazione, però, gli obiettivi intelligenti non potranno essere importati su AdWords per ottimizzare le proprie campagne.
Per essere utilizzabile, Analytics ha bisogno di ricevere almeno 1000 click da AdWords nel periodo di un mese per verificare la validità dei dati.

Smart Goals, comunque, verrà presentato entro qualche settimana.

6 idee per potenziare una campagna pubblicitaria

Le pubblicità a comparsa spesso danno pessime percentuali di click e tassi di conversione anche peggiori. Cosa prendere in considerazione per le loro performance deludenti? È una questione di marketing inbound e outbound: a differenza dei risultati di ricerca, le pubblicità a comparsa non sono indirizzate agli utenti che stanno cercando qualcosa in modo attivo. Vengono fissate delle immagini pubblicitarie sulle bacheche dei social network o sui siti a scopo informativo sperando che queste distraggano gli utenti dalle loro attività e li convincano a cliccare sul sito web della pubblicità. Dato che cercare di disturbare le attività dell’utente non è abbastanza competitivo, gli specialisti si dilettano anche nel competere con altre immagini di pubblicità, rendendo il tutto più caotico.

Ciò che è sicuro è che si possono creare diversi design per le pubblicità, affinché emergano e catturino i visitatori. Ecco 6 tecniche efficaci e creative per aumentare la visibilità e attrarre le conversioni.

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1: Considerare la piattaforma su cui si pubblica

Una delle cose più importanti è considerare la piattaforma su cui verrà mostrata la pubblicità, prima di iniziare a creare il design. Quando si parla di inserzioni sui social non si compete soltanto con gli altri contenuti a pagamento, ma con l’intero feed dell’utente.

Le pubblicità dovrebbero mescolarsi con i contenuti ma, allo stesso tempo, emergere sulle pagine. Anche se sembra una frase contradittoria, in realtà significa soltanto che il contenuto deve essere contestualmente rilevante (ovvero non deve apparire come una pubblicità) ma deve comunque riuscire a catturare l’attenzione dei lettori, con un design accattivante e colori contrastanti. Usare immagini non credibili ucciderà la campagna pubblicitaria. Si consiglia infatti di utilizzare la regola delle 3 “V”: vere immagini di oggetti veri per persone vere.

2: Rivolgersi direttamente al target

Con le pubblicità a comparsa si ha l’opportunità di frammentare il pubblico basandosi sui dettagli demografici. Questo è uno strumento da sfruttare a proprio vantaggio, personalizzando le pubblicità per le sezioni di target che si sono create. Pensare che “una pubblicità vada bene per tutti” raramente ha portato successo agli specialisti del settore: ogni inserzione va personalizzata affinché ogni singolo cliente (in questo caso ogni gruppo di clienti) possa venirne attratto per portare conversioni al marketing.

Stando ad alcuni esperimenti, si è scoperto che gli uomini sono meno propensi delle donne a cliccare su una pubblicità ma sono più veloci a trasformare i loro click in conversioni effettive. Questo potrebbe essere un segnale per personalizzare le pubblicità: brevi e informativi per gli uomini, più accattivanti e persuasivi per le donne!

3: Non dimenticare il lato emotivo

È piuttosto risaputo che far leva sulle emozioni quando si tratta di marketing è una buona mossa per ottenere risultati: le quattro emozioni più importanti sono la felicità, la tristezza, la sorpresa e la rabbia. Gli esseri umani rispondo a queste emozioni in modo differente, ma comunque esse portano a far reagire in qualche modo.

In base all’approccio che si vuole utilizzare nelle proprie inserzioni, facendo leva su una di queste emozioni l’utente sarà più portato a “reagire”, e quindi a partecipare in qualunque modo alla conversazione. Questa tattica serve anche per capire in che direzione muoversi nelle prossime campagne, capendo a cosa gli utenti reagiscono di più, cosa apprezzano maggiormente e cosa li attrae di più.

4: Integrare l’ironia

Non c’è dubbio sul fatto che l’ironia funzioni quando si tratta di pubblicità, addirittura stando ad uno studio del Journal of Marketing del lontano 1993 viene evidenziato che “ l’attenzione del pubblico verte più su quegli annunci che integrano l’ironia, poiché attirano maggiormente l’attenzione, sono facilmente memorabili, superano le tempistiche di mercato e rafforzano la persuasività del messaggio”. Stando a queste dichiarazioni, chi non integrerebbe l’ironia nella propria strategia di marketing?
Purtroppo non c’è un vero segreto per migliorare l’ironia: ciò che sicuramente può aiutare è fare brainstorming con il proprio team o fare riferimento a riferimenti della cultura di massa, piuttosto che aiutarsi rivolgendosi a qualche comico locale per prendere l’ispirazione. Anche se non si ha un prodotto eccezionale, con un po’ di creatività si riuscirà ad attirare l’attenzione del pubblico su di esso!

5: Proporre sconti degni di nota

Sicuramente ciò che attrae più l’attenzione di un cliente è uno sconto che dia l’impressione dell’esclusività dell’offerta. In generale, i clienti sono più portati a cedere ad un’offerta quando sono certi di fare davvero un affare: se un articolo è scontato del 40% sarà più probabile che venga acquistato rispetto ad un articolo scontato del 25%. Questa è sicuramente una delle tattiche che gli specialisti della pubblicità dovranno adottare per promuovere un articolo o il proprio brand più in generale.

Ovviamente si dovrà pensare bene alle offerte che si faranno, ma vale la pena tentare per capire cosa è meglio per la propria azienda.

6: Considerare i contrasti dei colori

Occorre comprendere che nelle campagne pubblicitarie conta ogni singolo dettaglio, specialmente quando si tratta di campagne che hanno come oggetto un’immagine: soprattutto in questo caso la scelta dei colori non fa eccezione. Per scegliere il colore fondamentale della propria campagna, una buona idea è quella di pensare all’associazione psicologica che si ha per ogni colore. Se si tratta di un articolo romantico si sceglierà il rosso, se un articolo da giardino si potrà scegliere il verde e così via.

Una volta scelto il colore primario, bisogna sceglierne uno complementare per fare in modo che il contrasto renda semplice la lettura del testo e che catturi l’attenzione del pubblico. Quando si sono scelti i due colori, bisogna infine considerare il colore dello sfondo su cui andrà posizionata l’inserzione. Per quanto riguarda i social network, è molto semplice figurare il background ancora prima di creare la propria immagine: se si tratta di Facebook si sa che i colori dominanti sono il blu e il bianco, perciò le inserzioni che avranno anch’esse questi colori non cattureranno l’occhio dell’utente. Al contrario, i colori contrastanti a questi richiameranno immediatamente l’attenzione.

Conclusione

L’advertising è un settore eccezionale che consente di esprimere tutta la propria fantasia per creare grafiche al fine di attirare clienti: questi consigli sono personali e piuttosto semplici, ma sono le basi per ottenere un riscontro vero da parte del proprio target. Il pubblico ha bisogno di sentirsi parte del marketing, per questo è importante coinvolgerlo nel miglior modo possibile, dedicandogli la massima attenzione e cura anche (e soprattutto) per quanto riguarda la pubblicità.
Perché, in fondo, i clienti sono ciò che permette ad un brand di esistere.
E contraccambiare con un po’ di fantasia è la ricompensa minima che ogni cliente merita.

Il 2015 nel mondo della SEO: cosa abbiamo appreso?

Dato che si è alla fine del 2015 e dato che è stato un anno pieno di eventi nel mondo della SEO, è appropriato e pratico riflettere su alcune tra le lezioni più importanti che si sono imparate quest’anno. Non ci sono stati cambiamenti più grandi di Panda e Penguin, ma non vuol dire che l’industria in sé non si a cambiata – siamo stati informati di nuove tecnologie, nuove strategie e nuovi trend che stanno iniziando a dar forma alla SEO (e che continueranno a farlo anche il prossimo anno).
Quando si analizzeranno i dati di quest’anno e quali cambiamenti effettuare nel 2016, occorre ricordarsi di queste cinque lezioni imparate durante l’ultimo anno.

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  1. Le ricerche vocali sono nate per rimanere. Quando Siri venne introdotto per la prima volta venne accolto più come una trovata o una stranezza, più che come uno strumento pratico e affidabile. Il riconoscimento vocale a lasciava un po’ a desiderare, non mostrando sempre i risultati aspettati. Dopo diversi anni, Siri è diventato abbastanza sofisticato da gestire più o meno tutte le ricerche vocali e, insieme a diversi concorrenti (inclusi Google Now e Microsoft Cortana), sono nati per solidificare il mercato.
    Conciliare la ricerca online e quella ideata per i dispositivi mobili in un solo pacchetto, risparmiando agli utenti il tempo di digitare o cercare i risultati, è solo una questione di tempo: arriverà presto il momento in cui le ricerche vocali verranno utilizzare da tutti. Di fatto le ricerche diventeranno sempre più conversative, gli algoritmi della ricerca investiranno sempre di più nella comprensione semantica e il traffico di ricerca mobile continuerà a prevaricare le ricerche via desktop.
  2. Google non sarà l’unico sotto i riflettori. Tra i fattori più influenzanti dei report degli scorsi anni c’era Google. Google era il campione indiscusso del mondo delle ricerche ed era quasi il solo responsabile per i nuovi strumenti apportati. E probabilmente gli occhi saranno ancora puntati su Google per via dei cambiamenti che verranno apportati ad inizio 2016, come accadde per Panda e Penguin. Però, a differenza degli anni passati, Google non è l’unico che avrà i riflettori puntati su di esso: infatti anche Bing, Yahoo, Apple e persino piattaforme come Facebook sanno lavorando per introdurre le proprie opzioni di ricerca per i consumatori.
  3. L’importanza del mobile è ancora in crescita. Il traffico delle ricerche mobile è cresciuto moltissimo nelle ultimi anni, ma quest’anno ha raggiunto un nuovo record: a maggio, Google ha annunciato il superamento delle ricerche desktop, ammettendo che il numero delle ricerche mobile fosse definitivamente maggiore in diversi stati. Sulla base di questo, ha rilasciato il tanto atteso “Mobilegeddon”, che teoricamente avrebbe penalizzato qualsiasi sito che non rispettasse i criteri mobile e premiato, invece, quelli che lo facessero. Ma i cambiamenti per il mobile non sono ancora terminati: infatti, gli strumenti e le impostazioni (come appunto la ricerca vocale, i layout user-friendly) sono ancora in fase di sviluppo e di crescita. Addirittura Google ha ammesso che avere una versione esclusivamente dedicata al “desktop” non è necessario, l’importante è che venga visualizzato correttamente sui dispositivi mobili. Inoltre, Google stesso sta rendendo le pagine dei risultati di ricerca più simili alle versioni mobile: non è quindi difficile capire quanto il mobile sia ancora in crescita esponenziale.
  4. I contenuti verranno indicizzati in modi diversi. I contenuti verranno indicizzati su nuove piattaforme e in diversi modi: Google ha firmato un accordo con Twitter (in primavera) per indicizzare la mole di tweet come contenuto da mostrare nelle ricerche rilevanti. Facebook sta offrendo Instant Articles a qualche copywriter selezionato. Il modo in cui si pubblica, consuma e accede ai contenuti sta iniziando a volgere verso l’accessibilità universale, che può essere un’opportunità enorme per gli strateghi emergenti.
  5. Gli aggiornamenti manuali potrebbero presto diventare una cosa del passato. Alla fine di ottobre, Google ha annunciato il rilascio di RankBrain, un algoritmo che lavora con Hummingbird per comprendere meglio i comportamenti degli utenti ambigui e le ricerche complicate per fornire risultati. Piuttosto che far affidamento sugli aggiornamenti manuali effettuati dai tecnici, RankBrain impara ad aggiornarsi automaticamente basandosi sui nuovi dati delle ricerche. Questo algoritmo potrebbe essere il futuro, trasformando gli aggiornamenti manuali in un processo del passato. Presumibilmente gli aggiornamenti vedranno la luce gradualmente ma periodicamente.

Una lezione base della SEO è che molte cose non rimangono stabili a lungo, e non importa quanto ci si sforzi a predire il futuro: Google, Bing e altri si impegneranno per mescolare le carte in tavola. Gli aggiornamenti manuali diventeranno obsoleti e la velocità e l’intensità di questi cambiamenti verrà ridotta. Per questo, se si vuole comunque essere sempre in prima linea, l’unico consiglio è rimanere all’erta!